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    Cultura

    L’altra faccia della medaglia – L’estrema destra in Russia e quella alleata della Russia

    Davide SimoneBy Davide SimoneMarzo 23, 2022Nessun commento9 Mins Read
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    Se è ben nota l’amicizia tra Vladimir Putin e formazioni di destra od estrema destra al di fuori dei confini della Federazione Russa si sa forse meno della presenza, all’interno del gigante euroasiatico, di sigle che guardano al nazismo ed al fascismo, e della loro contiguità con il Kremlino. Tra queste organizzazioni spiccano, in particolare, Mestnye (Locali) e Nashi (I Nostri), oltre ad una galassia di associazioni di skinhead.

     

    Xenofobia

    Nell’estate del 2007, Mestnye avviò una campagna per il boicottaggio dei taxisti non russi, attraverso volantini che mostravano un giovane , russo e biondo, rifiutare il servizio di un tassista dalla carnagione olivastra. Il volantino recitava lo slogan: “Noi non andiamo nella stessa direzione”.

    Nel settembre 2007, sempre Mestnye organizzò una vera e propria trappola ai migranti che lavoravano in un mercato di Yaroslavskoe Shosse , nel nord est di Mosca, usando come esca l’offerta di un impiego in un cantiere edile. Giunti a destinazione, i migranti trovarono ad attenderli gi uomini dell’ufficio immigrazione, che misero le manette a 73 persone per ingresso illegale nel paese. Benché non vi sia un legame ufficiale tra queste iniziative e il governo, esse ricalcano comunque la linea di indirizzo del Kremlino in materia (nell’aprile 2008, Putin emanò un decreto con il quale veniva proibito ai lavoratori stranieri il commercio nei mercati al dettaglio della Russia).

     

    La Putnjungend

    Ufficialmente legato al presidente ed al suo partito, è invece Nashi, organizzazione giovanile con circa 120 mila iscritti, ribattezzata la Putinjugend, a richiamare la famigerata Hitlerjugend di Baldur Benedikt von Schirach . In un raduno estivo nel 2007, i suoi militanti di distinsero per un’agguerrita campagna diffamatoria nei confronti delle autorità estoni, con la distribuzione di materiale raffigurante i governanti di Tallin come fascisti (nel solco della tradizione propagandistica sovietico-russa) e le donne dell’opposizione nazionale come prostitute. Ancora, nel meeting venne promossa un’iniziativa “moralizzatrice”, che chiedeva alle ragazze la consegna della biancheria intima più succinta in cambio di indumenti ritenuti più morigerati.

    Per aver partecipato ad un incontro con le opposizioni nel giugno del 2006, l’allora ambasciatore britannico Anthony Brenton venne invece perseguitato per mesi dai giovani di Nashi, con continue irruzioni durante i suoi suoi discorsi pubblici (i militanti bloccavano l’entrata e l’uscita degli edifici nei quali si tenevano i discorsi del diplomatico, fischiandolo ed insultandolo).

     

    Pestaggi e intimidazioni

    Nel 2006, l’assassinio nella città di Kondopoga di due russi in una scazzottata scatenò la reazione dei gruppo di naziskin del Paese, con pestaggi, intimidazioni e sabotaggi ai danni degli stranieri dalla pelle scura, che vennero cacciati dalla città. L’anno successivo, sempre i neonazisti aggredirono un gruppo di ambientalisti che ad Angarsk protestavano contro la realizzazione di un impianto di uranio voluto dal governo, ammazzando barbaramente un attivista.

    Dal quadro, senza dubbio preoccupante, appena delineato, emerge come l’accusa di compromissione con l’ideologia nazifascista, punta di lancia del propagandismo putiniano, potrebbe e dovrebbe essere “girata”, invece, alla Russia dell’ex ufficiale del KGB, oggi molto più impregnata di estremismo nero rispetto a paesi come l’Ucraina o le piccole repubbliche baltiche, periodicamente (e ingiustamente) indicati dalla Russia e dai suo sostenitori esterni come terreni di coltura dell’ odio razzista e xenofobo.

     

    Formazioni russe o filo-russe di estrema destra impegnate in Ucraina e nel Donbass

    La propaganda del Kremlino pone molto l’accento sul Battaglione Azov, unità pramilitare di estrema destra ucraina (circa 1000 uomini), tuttavia anche Mosca può contare nel fronte ucraino su forze paramilitari, numerose e ben organizzate, legate all’estrema destra, alla destra nazionalista e all’ultra-destra religiosa. Eccone una lista parziale:

     

    -Battaglione RNU (l’equivalente filo-russi dell’Azov. Il suo simbolo richiama la svastica e dalle sue fila proveniva Pavel Gubarev , primo “capo di Stato” dell’autoproclamata Repubblica Popolare di Doneck)

     

    -Battaglione Svarozhich (o Battaglione di unificazione e rinascita slavo)

     

    -Esercito russo orodosso

     

    -Alba ortodossa (gruppo di volontari bulgari)

     

    -Legione Santo Stefano (gruppo di volontari ungheresi

     

    -Distaccamento Jovan Šević (gruppo di volontari serbi)

     

    -Movimento contro l’immigrazione illegale

     

    -Battaglione Rusich

     

    -Battaglione Ratibor

     

    -Interbrigades

     

    -Sputnik e Progrom

     

    -Movimento Imperiale Russo

     

    -Brigata Oplot

     

    -Brigata Kalmius

     

    -Battaglione Voshod

     

    -Battaglione Sparta

     

    -Battaglione Varyag

     

    -Unità continentale

     

    -Esercito russo-ortodosso

     

    -Battaglione Leshiy

     

    -Battaglione Varyag

     

    Oltre al già citato RNU, molti di questi gruppi riportano nei loro simboli una variante della svastica nazista, ad esempio i battaglioni “Rusich”, “Svarozhich” e “Ratibor”.

     

    E’ inoltre da rilevare come molte compagini che si richiamano al comunismo sposino in realtà un nazionalismo radicale, incompatibile con il dettato marxista-leninista. Ecco cosa ha scritto in proposito Andrea Sceresini, inviato nel Donbass per Il Manifesto: « Quando sono andato per la prima volta in Donbass, nel 2014, speravo di poter raccontare una nuova guerra di Spagna. Mi ero lasciato illudere da tutte quelle bandiere (anche se veder sventolare una bandiera rossa su un tank invasore un po’ dovrebbe far riflettere), dagli slogan antifascisti e dal “No pasaran!” scritto a caratteri cubitali sulla “Doma administratsiya” di Donetsk. Ma poi avevo visto anche altre cose. C’erano le bandiere zariste, quelle putiniane, e c’erano i centinaia di volontari di estrema destra che erano venuti a combattere sotto quelle insegne. Ho poi capito che l’antifascismo, a Donetsk, è ben diverso dal nostro. L’antifascismo, per i russi, è l’Armata patriottica di Stalin che respinge l’invasore tedesco (deriva da qui il concetto di “denazificazione” utilizzato da Putin, che non significa la sconfitta del nazismo come ideologia reazionaria, ma più genericamente la sconfitta dei nemici della Russia). LA BANDIERA ROSSA simboleggia il potere imperiale sovietico, che aveva barattato l’uguaglianza col sogno di dominare il mondo. Perciò la falce e martello, a Donetsk, non era poi così in antitesi con i ritratti di Nicola II e le tesi dei suprematisti russi – e accorgersene, stando lì, non era per nulla difficile. Un giorno, dovendo trascorrere una mezza mattinata con un leader locale del Partito comunista del Donbass – e parlando io poche parole di russo e lui nessuna d’inglese – volli provare a fare un gioco. Gli elencai alcuni personaggi storici, chiedendogli di farmi capire chi gli piacesse e chi no. I nomi di Stalin e dell’ultimo zar furono accolti con un sonoro «karasciò». Più moderato fu l’entusiasmo per Mussolini – che in fondo li aveva invasi ma era pur sempre un nazionalista – mentre Lenin fu salutato con una mezza storta di naso. I più strapazzati furono Marx ed Engels, che il mio interlocutore bollò con un lapidario aggettivo – «Pederàst, finocchi». Ma in fondo è l’ironia delle parole, che una volta svuotate del concetto possono voler dire qualunque cosa. Così le insegne bolsceviche – che nel 1917 simboleggiavano l’unione della classe operaia mondiale contro la guerra – oggi vengono fatte sventolare da giovani coscritti che ammazzano altri giovani coscritti in nome della patria e dei sacri confini. » (Andrea Sceresini , “Per chi sventola la bandiera rossa nella terra contesa del Donbass“, Il Manifesto del 22 Marzo 2022)

     

    L’estrema destra nella politica russa

    Forze di estrema destra e nazonaliste legalmente riconosciute e tollerate sono oggi attive anche nel panorama politico russo, come peraltro già evidenziato nella prima parte del contributo. Eccone una lista parziale:

     

    -Partito Eurasia

     

    -Block Fact

     

    -Unione Euroasiatia della Gioventù

     

    -Santa Rus

     

    -Stato maschile sostiene il patriarcato e il nazionalismo russo

     

    -Narodny Sobor

     

    -Comitato Nazione e Libertà

     

    -Alleanza Nazionale dei Solidaristi Russi

     

    -Associazione di Resistenza Popolare

     

    -Gol russo

     

    -Unione dei portabandiera ortodossi

     

    -Unione del popolo russo

     

    -Partito Liberal Democratico della Russia (fondato da Vladimir Zhirinovsky nel 1992, è uno dei partiti più importsnti in Russia)

     

    -Congresso delle comunità russe

     

    -Grande Russia

     

    -L’altra Russia, dello scrittore nazionalista EV Limonov

     

    -Rodina

     

    -Unione Nazionale Russa

     

    Perchè Putin accusa l’Ucraina di nazismo?

    Nella sua offensiva mediatica e politica contro Kiev dopo la rivoluzione di Piazza Majdan, la Russia di Putin ha cercato di presentare l’Ucraina come un Paese fascista e nazista, secondo un cliché tipico delle scuole propagandistiche di tradizione socialista* (nello specifico l’accusa rientra nella tecnica della “proiezione o “analogia”, cioè associare il bersaglo ad un’immagine negativa e respingente). Un attacco che non si è limitato all’oggi ma che si è esteso anche al passato, più precisamente agli anni della II Guerra Mondiale. Gli ucraini sono stati infatti bollati come collaborazionisti delle truppe hitleriane, a voler tracciare una perversa linea di continuità con il nuovo corso post-Majdan.

     

    Si tratta, ad ogni modo, di un falso storico grossolano, clamorosamente smentito dall’evidenza. L’Ucraina è invero stata la repubblica sovietica che più di ogni altra ha patito l’occupazione nazista, in termini umani come materiali; più nel dettaglio, diede oltre 7 milioni di soldati all’Armata Rossa (a fronte di poche migliaia di collaborazionisti), mentre circa 8-10 milioni furono gli ucraini morti nel conflitto, tra militari e civili, e 2,4 milioni i deportati in Germania. Il 20% dei deportati slavi in Germania era composto da ucraini. 250 mila ucraini servirono inoltre negli eserciti occidentali, contro l’Asse.

     

    I partiti di estrema destra Svoboda, Pravi Sektor e il Partito Radicale erano e sono i principali accusati, dai filo-russi e dal loro movimento d’opinione, di essere gli autori della rivoluzione contro Viktor Janukovyč, bollata quindi come “fascista”. La modestia della loro forza elettorale-popolare (Svoboda ha un seggio in parlamento, Pravi Sektor zero, stessa cosa il Partito Radicale mentre il Battaglone Azov consta, lo abbiamo detto, di soli 1000 uomini) è una prova, ulteriore, dell’infondatezza del teorema. Risultati che appaiono ancor più modesti se si considera che l’Ucraina è un Paese sotto attacco da molti anni e che solo nel 1991 ha riacquistato la propria indipedenza dopo decenni di controllo straniero, tutti elementi che in genere tendono a favorire proprio il revanscismo e il nazionalismo.

     

    *la stessa accusa venne rivolta da Mosca e dai suoi alleati agli ungheresi nel 1956 ed ai cecoslovacchi nel 1968 e in tempi più recenti è stata rilanciata contro i baltici, i polacchi, i moldavi, i finlandesi, i georgiani

     

    Nell’immagne: il simbolo dell’RNU, richiamante la svastica

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    Davide Simone
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    Aquilano residente in Toscana, è giornalista iscritto all’ Albo, storiografo e consulente di comunicazione politica. Collabora da anni con numerose testate generaliste ed è cofondatore di quotidianoapuano-www.ilsitodimassacarrara.it, il primo quotidiano on line generalista della storia apuana.

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