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    Alla scoperta del triste (e pericoloso) mondo delle bufale: faccia a faccia con il Prof.Sirignano, esperto di comunicazione e pedagogia

    Davide SimoneBy Davide SimoneGennaio 4, 2017Nessun commento7 Mins Read
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    “Il web, ad esempio, è uno strumento che consente di dare a tutti la possibilità di una libera espressione e di ampliare le proprie conoscenze. Internet è stata, e continua a essere, una grande rivoluzione democratica, che va preservata e difesa da chi vorrebbe trasformarla in un ring permanente, dove verità e falsificazione finiscono per confondersi.”

    Così il Capo dello Stato, in un passaggio del suo discorso di fine anno. “Ring permanente”; non ha torto Sergio Mattarella a definire in questo modo il web, un ring permanente anche a causa della diffusione, continua e costante, di notize false o alterate. Vera e porpria piaga di questa fase della nostra epoca, le “bufale” creano ed alimentano infatti odio, pessimismo, rassegnazione, arrivando persino a mettere in discussione le più elementari verità in ambito medico e scientifico, con conseguenze incontrollabili e potenzialmente devastanti (si pensi al calo delle vaccinazioni) per la comunità umana. Ma perché nascono e proliferano le bufale? Chi le mete in circolazione? Dobbiamo rassegnarci al trionfo della menzogna in servizio permanente? Oppure esiste una via di uscita? Ne abbiamo parlato con un esperto di comunicazione e pedagogia, il Prof. Fabrizio Manuel Sirignano, docente universitario, scrittore e opinionista su importanti programmi TV nazionali.

     

    -Professore, in questi anni è diventato di forte attualità il tema della manipolazione dell’informazione on line e delle cosiddette bufale, sempre diffuse su e da internet. Ma è solo un problema della rete?

    -Non è solo un problema di internet, però è indubbio che la rete – attraverso un sistema capillare e difficilmente controllabile per quanto concerne le fonti delle notizie – diventa un mezzo pericoloso per la diffusione di informazioni non rispondenti alla realtà; chi, infatti, è privo di adeguati strumenti culturali e cognitivi difficilmente riesce a discernere il vero dal falso, travolto da una marea montante di informazioni frammentarie e lacunose presentate come se fossero verità incontrovertibili.

     

    -Quali sono i pericoli concreti derivati dalla diffusione delle bufale?

    -La diffusione di informazioni false, rivolte a generici bersagli (come, ad esempio, il “politico”, il direttore del tale ufficio, il primario di un ospedale) fomenta, in primis, l’odio sociale che in alcuni casi si esaurisce nel mondo virtuale (con insulti “vomitati” dai “leoni da tastiera” nei principali social) ma che, pericolosamente, sta passando anche nel mondo reale, creando spaccature che minano le basi della convivenza civile.

    Ci sono, inoltre, aspetti drammatici e preoccupanti legati alla diffusione di bufale nel delicato settore sanitario, che possono mettere a repentaglio la vita delle persone: penso alla recente delirante campagna contro i vaccini, che sta spingendo le persone a non fidarsi del parere dei medici ricercando in proprio notizie inerenti le cure sanitarie. E’ palese che ci si trova di fronte ad una patologia della comunicazione, che ha determinato in molti casi anche un peggioramento del rapporto medico/paziente, infrangendo l’idea stessa di comunità, di cittadinanza, di rispetto sia per le professioni sia per la scienza di cui, come nel caso della medicina, le stesse professioni (spesso bersagliate dai “bufalari”) sono portatrici.

    Credo che quanti hanno a cuore la tenuta della democrazia debbano impegnarsi in prima persona per arginare questo fenomeno che, di giorno in giorno, diventa sempre più preoccupante.

     

    -Perché secondo lei si diffonde una bufala? Denaro? Interesse politico? Goliardia? O c’è anche altro?

    -Alla base può esserci goliardia, ignoranza, ma il denaro e l’interesse politico diventano predominanti quando esiste una società privata che ha il controllo diretto ed indiretto di un numero infinito di siti e di blog che hanno un tornaconto sia economico (il guadagno in base al numero dei “click” sulla notizia pubblicata) sia politico.

    Se si aggiunge poi che detta Società è costituita da professionisti della rete, lascio a voi le conclusioni.

     

    -E perché così tante persone “abboccano” a notizie palesemente false e grossolane?

    -Molte persone cadono nella trappola della bufala per varie ragioni, come l’ignoranza nei confronti di specifici argomenti, la poca propensione ad approfondire e a discernere il vero dal falso, la mancanza di abitudine all’analisi critica dei fatti; inoltre c’è da aggiungere che molte notizie sono studiate ad hoc per colpire facili bersagli, rispondendo anche alle esigenze di chi desidera attribuire ad “agenti esterni” le cause di propri insuccessi personali e professionali.

     

    -Secondo lei, qual è l’ “identikit” del bufalaro-tipo?

    Il “bufalaro-tipo” è difficilmente individuabile e definibile perché siamo di fronte al fenomeno incontrollabile della propagazione delle notizie nella rete internet, che amplifica quantitativamente e qualitativamente il messaggio “lanciato” su un enorme ed evanescente palcoscenico in cui registi ed attori si avvicendano, in una giostra virtuale, con impressionante rapidità.

     

    -Negli ultimi tempi si sta tuttavia assistendo ad un fenomeno positivo: la crescita del debunking, ossia di realtà (il blog di Paolo Attivissimo, il CICAP, siti come Bufale e Dintorni, Butac, ecc) che si occupano di “sbufalare” la bufala. Chi vincerà la battaglia? C’è speranza che le bufale diventino solo un triste ricordo?

     

    -Il discorso è molto complesso ed articolato, ma sono ottimista.

    Il problema è di natura prettamente educativa e la scuola, in tutto questo, deve avere un ruolo strategico.

    La società odierna presenta caratteri di maggiore complessità rispetto al passato proprio per le conseguenze innescate dal progresso tecno-scientifico, a cui si accompagna un sistema di informazione di che ha drasticamente ridotto le dimensioni spazio-temporali del pianeta, portando in tempo reale le immagini di ogni avvenimento negli angoli più remoti della terra ed alimentando, così, l’illusione per tutti di appartenere ad un villaggio globale.

    In una situazione così complessa, la formazione riveste un ruolo fondamentale, in quanto la conoscenza diviene uno strumento portante per l’esercizio della libertà, consentendo al soggetto di operare delle scelte consapevoli.

    Pur nella pluralità dei suoi modelli, la formazione teorizzata e praticata come formazione globale del soggetto-persona ed educazione alla democrazia, intesa come cittadinanza attiva e consapevole, può quindi rappresentare lo strumento attraverso il quale l’individuo viene messo nelle condizioni di orientarsi adeguatamente nell’ambito della società complessa e della comunicazione anche per poter operare autonomamente una lettura critica dei messaggi provenienti dalla rete internet, dai social e dai blog.

    Una formazione che intenda educare bambini, adolescenti, giovani, adulti ed anziani alla lettura critica della rete deve necessariamente fare riferimento allo spirito scientifico, inteso come acquisizione di una metodologia di osservazione dei problemi e dei processi socio-culturali: come habitus mentale che divenga anche habitus etico nella disposizione al dialogo, all’ascolto, al rispetto ed alla promozione dei valori sottesi alla partecipazione ed alla cooperazione.

    Un pedagogista del secondo dopoguerra, oggi dimenticato, Lucio Lombardo Radice, riferendosi alla crisi delle istituzioni democratiche, sottolineava che lo spirito scientifico deve dominare tutto l’insegnamento, avendo l’istruzione come scopo fondamentale la formazione di una mentalità scientifica, caratterizzata dall’abitudine a sperimentare, ragionare, controllare e a pensare con la propria testa. Per lavorare in tale prospettiva, la scuola di oggi, coordinandosi con le altre agenzie formative presenti sul territorio nell’ottica della costruzione di un sistema formativo integrato, deve sempre unire alla preparazione specialistica lo studio dei fenomeni globali, deve sì formare al gusto per la ricerca specializzata, ma, nello stesso tempo, deve anche promuovere la passione per l’analisi critica dei problemi generali della società.

    In altri termini, la scuola deve educare alla libertà ed alla responsabilità, ad un esame critico della realtà, al libero giudizio

    Auspico quindi che le forze democratiche di questo Paese abbiano uno scatto d’orgoglio ed affrontino questo vulnus per la democrazia – che minan le basi della convivenza civile – prima che sia troppo tardi.

     

    Nella foto, il Prof.Sirignano durante un’intervista televisiva

     

    Fabrizio Manuel Sirignano è Professore Ordinario di Pedagogia generale e sociale presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, dove è Direttore del Centro di Lifelong Learning di Ateneo e Presidente del Corso di laurea in Scienze della formazione primaria.

    Rivolge principalmente le sue ricerche al rapporto educazione-politica e al ruolo della formazione nell’orizzonte della società complessa e della comunicazione; è opinionista in programmi TV nazionali e locali.

    Autore di numerose monografie, articoli e saggi, tra le sue pubblicazioni si ricordano: Pedagogia della decrescita. L’educazione sfida la globalizzazione (Franco Angeli, Milano 2012);  Aprendizaje, ciudadanía y participación. Perspectivas desde el sur de Europa, a cura di, in coll., (Sevilla 2013); La prise de parole e le pedagogie sommerse del Sud Italia, in coll. (Napoli 2015); Per una pedagogia della politica (Roma 2015).

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    Aquilano residente in Toscana, è giornalista iscritto all’ Albo, storiografo e consulente di comunicazione politica. Collabora da anni con numerose testate generaliste ed è cofondatore di quotidianoapuano-www.ilsitodimassacarrara.it, il primo quotidiano on line generalista della storia apuana.

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